stampa critica
G I O R N A L I S M O I N D I P E n D E N T E
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G I O R N A L I S M O I N D I P E n D E N T E
Numero 04/2016
Maurizio Chiararia
“Guai alla penna senza fucile, guai al fucile senza penna”.
scritta sui muri di Trento, maggio 1968
“Il nome della rosa”, il primo e più famoso romanzo di Umberto Eco, che gli ha dato una grande notorietà internazionale, da cui è stato tratto un film di successo, contiene un particolare che a molti è sfuggito. E’ l’analogia che l’autore evidenzia tra due personaggi femminili distanti fra loro di secoli, al cui secondo Eco tende implicitamente a rendere omaggio con questa precisazione in un’intervista recente:
"Per fare un esempio, scrivevo "Il nome della rosa", dove il mio unico interesse era mettere in scena una complessa trama poliziesca all’interno di un’abbazia, che poi ho deciso di situare nel Trecento perché mi erano capitati alcuni documenti estremamente affascinanti sulle lotte pauperistiche dell’epoca. Nel corso della narrazione mi accorsi che emergevano – attraverso questi fenomeni medievali di rivolta non organizzata – aspetti affini a quel terrorismo che stavamo vivendo proprio nel periodo in cui scrivevo, più o meno verso la fine degli anni Settanta. Certamente, anche se non avevo un’intenzione precisa, tutto ciò mi ha portato a sottolineare queste somiglianze, tanto che quando ho scoperto che la moglie di Fra’ Dolcino si chiamava Margherita, come la Margherita Cagol moglie di Curcio, morta più o meno in condizioni analoghe, l’ho espressamente citata nel racconto. Forse se si fosse chiamata diversamente non mi sarebbe venuto in mente di menzionarne il nome, ma non ho potuto resistere a questa sorta di strizzata d’occhio con il lettore". In Alessandra Fagioli, Il romanziere e lo storico. Intervista a Umberto Eco, "Lettera Internazionale" 75, 2003, pp. 24.
Conoscendo il gusto del filosofo per i paragoni estremi, non possiamo meravigliarci di questo ardito parallelismo, dovuto forse anche alla sua profonda conoscenza religiosa, appresa negli anni giovanili nell’Azione Cattolica. Anche Margherita Cagol ha un passato religioso (essendo nata in un Trentino dalle forti radici cattoliche) e religioso è anche il matrimonio che la legherà a Renato Curcio. Si dovrebbe rileggere il libro per trovare i luoghi in cui compare la Margherita di Dolcino e la sua morte che la lega, secondo Eco, a quella della brigatista, ma prendiamo per buona la somiglianza introdotta dall’autore e ci permettiamo pertanto di citare due passi, nel primo dei quali scopriamo le ragioni che spinsero la Cagol ad aderire alla lotta armata e nel secondo dei quali si legge, all’indomani della morte di Margherita (nome di battaglia Mara), uccisa in uno scontro a fuoco con i carabinieri il 6 giugno 1975, il commosso omaggio tributatole dal suo compagno di lotta.
« [...] Ora tocca a me e ai tanti compagni che vogliono combattere questo potere borghese ormai marcio continuare la lotta. [...] È giusto e sacrosanto quello che sto facendo, la storia mi dà ragione come l'ha data alla Resistenza nel '45. Ma voi direte, sono questi i mezzi da usare? Credetemi non ce ne sono altri. Questo stato di polizia si regge sulla forza delle armi e chi lo vuol combattere si deve mettere sullo stesso piano. In questi giorni hanno ucciso con un colpo di pistola un ragazzo, come se niente fosse, aveva il torto di aver voluto una casa dove abitare con la sua famiglia. Questo è successo a Roma, dove i quartieri dei baraccati costruiti coi cartoni e vecchie latte arrugginite stridono in contrasto alle sfarzose residenze dell'EUR. Non parliamo poi della disoccupazione e delle condizioni di vita delle masse operaie nelle grandi fabbriche della città. È questo il risultato della "ricostruzione", di tanti anni di lavoro dal '45 ad oggi? Sì è questo: sperpero, parassitismo, lusso sprecato da una parte e incertezze, sfruttamento e miseria dall'altra. [...] Oggi, in questa fase di crisi acuta occorre più che mai resistere affinché il fascismo sotto nuove forme "democratiche" non abbia nuovamente il sopravvento. Le mie scelte rivoluzionarie dunque, nonostante l'arresto di Renato, rimangono immutate. [...] Margherita [...]»
« Ai compagni dell'organizzazione, alle forze sinceramente rivoluzionarie, a tutti i proletari. È caduta combattendo Margherita Cagol, “Mara”, dirigente comunista e membro del Comitato esecutivo delle Brigate Rosse. La sua vita e la sua morte sono un esempio che nessun combattente per la libertà potrà dimenticare. Fondatrice della nostra organizzazione, “Mara” ha dato un inestimabile contributo di intelligenza, di abnegazione, di umanità, alla nascita dell'autonomia operaia e della lotta armata per il comunismo. Comandante politico-militare di colonna, “Mara” ha saputo guidare vittoriosamente alcune fra le più importanti operazioni dell'organizzazione. Valga per tutte la liberazione di un nostro compagno dal carcere di Casale Monferrato. Non possiamo permetterci di versare lacrime sui nostri caduti, ma dobbiamo impararne la lezione di lealtà, coerenza, coraggio ed eroismo! È la guerra che decide in ultima analisi della questione del potere: la guerra di classe rivoluzionaria. E questa guerra ha un prezzo: un prezzo alto certamente, ma non così alto da farci preferire la schiavitù del lavoro salariato, la dittatura della borghesia nelle sue varianti fasciste o socialdemocratiche. Non è il voto che decide la conquista del potere; non è con una scheda che si conquista la libertà. Che tutti i sinceri rivoluzionari onorino la memoria di “Mara” meditando l'insegnamento politico che ha saputo dare con la sua scelta, con il suo lavoro, con la sua vita. Che mille braccia si protendano per raccogliere il suo fucile! Noi, come ultimo saluto, le diciamo: “Mara”, un fiore è sbocciato, e questo fiore di libertà le Brigate Rosse continueranno a coltivarlo fino alla vittoria! Lotta armata per il comunismo.» (Volantino delle Brigate Rosse, scritto da Renato Curcio)
Il Maestro e “Margherita”
lunedì 29 febbraio 2016
foto di un documento (falso)
di Margherita (Mara) Cagol
all’epoca della clandestinità.