stampa critica
G I O R N A L I S M O I N D I P E n D E N T E
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G I O R N A L I S M O I N D I P E n D E N T E
Numero 04/2016
Martina Annibaldi
“È lui, faccia da mostro è lui”. Non ha dubbi Vincenzo Agostino. A distanza di ventisette anni dall’omicidio del figlio Nino e della nuora Ida Castelluccio – all’epoca al quinto mese di gravidanza - il 26 Febbraio nell’aula bunker dell’Ucciardone, a Palermo, può finalmente rivedere in faccia quell’uomo che tra l’otto ed il dieci Luglio del 1989 si presentò alla porta di casa sua cercando suo figlio. Quell’uomo è Giovanni Aiello, ex poliziotto della Squadra mobile di Palermo ed agente dei servizi segreti. Di lui hanno parlato diversi pentiti, indicandolo come uno dei personaggi chiave in molti dei più illustri omicidi commessi dalla mafia in terra siciliana tra gli anni Ottanta e Novanta. A tirarlo in ballo nelle indagini sul caso Agostino è il pentito Vito Lo Forte, che racconta di come Aiello avrebbe aiutato Antonino Madonia e Gaetano Scotto (indicati come gli esecutori dell’omicidio) a fuggire a bordo di un’auto appena dopo il crimine e ad incendiare successivamente la motocicletta utilizzata per lo stesso. Di quella “faccia da mostro” per anni ha parlato lo stesso Vincenzo Agostino prima del confronto all’americana , disposto dal gip Maria Pino, che ha dissipato ogni dubbio sull’identità dell’uomo misterioso. Aiello arriva presto all’Ucciardone, è accompagnato dall’avvocato. Non ha più i capelli biondi con cui appare nelle foto, ma quella faccia, come dice lo stesso Agostino, “è indimenticabile”. I genitori di Nino, Vincenzo ed Augusta, sono lì, affiancati da qualche decina di attivisti di Libera e di Scorta Civica, accorsi per dimostrare vicinanza e solidarietà alla famiglia del poliziotto in un momento che potrebbe segnare una svolta nell’intera indagine. Intorno a mezzogiorno il momento decisivo. Dopo anni di depistaggi, di insabbiamenti, anni in cui ogni giorno quella lunga barba bianca è venuta a bussare alla coscienza di uno Stato per troppo tempo cieco e indifferente, la possibilità di uscire da un lungo tunnel di menzogne. Vincenzo Agostino si lascia sopraffare per un momento dalla tensione, ha un lieve malore, ma si riprende in fretta. Da quasi un mese la sua vita ha subito l’ennesima scossa: la presenza della scorta. Una misura ritenuta necessaria dopo la scarcerazione del boss Gaetano Scotto. Una misura che arriva a sconvolgere ancora una volta l’esistenza dei due anziani genitori. Di tagliare la barba, per ora, ancora non se ne parla, per Vincenzo Agostino è ancora troppo presto per dire addio a quel simbolo della sua lotta. “Io ho fatto il mio dovere. Ora tocca alla magistratura”. E forse, un giorno, diremo addio a quella barba bianca.
Antonio Salzano, vittima della camorra
lunedì 29 febbraio 2016