Registrazione Tribunale di Roma n°9/2011 del 20 gennaio
Registrazione Tribunale di Roma n°9/2011 del 20 gennaio
Numero 04/2016
Direttore Responsabile Claudio Caldarelli - Direttore Editoriale Eligio Scatolini - Coordinatrice di Redazione Patrizia Vindigni - Vice Coordinatore di redazione Carlo Faloci - webmaster Eligio Scatolini
prossima uscita 16 marzo 2016
EDITORIALE
La SATIRA IN PILLOLE di
Marco Camillieri
Unioni civili, Monica Cirinnà annuncia addio alla politica.
Troppa la delusione per il mancato appoggio del partito in cui aveva riposto tutte le sue speranze, il M5S
Carla Caiazzo si sta riprendendo
di Immacolata D’Angelo
Carla riprende a respirare da sola: a dare la notizia è il consigliere comunale dei Verdi, Francesco Emilio Borrelli
Bruciata viva dal compagno. Dopo giorni di agonia la giovane donna riprende a respirare da sola e può tornare alla vita normale. A dare la notizia è il consigliere comunale dei Verdi, Francesco Emilio Borrelli. Si inizia ad intravedere il sole alla fine del tunnel. Un caso di femminicidio che sembra concludersi diversamente
Un caso di femminicidio a colori. Dopo giorni di tensione, paura, agonia e rabbia arriva la notizia che tutti aspettavano: Carla Caiazzo, bruciata viva dal compagno sta meglio. Può abbracciare per la prima volta la figlia che portava in grembo che si è salvata solo grazie alla tempestività e alla bravura dell’equipe medica guidata dal professor Sirimarco. La piccola, purtroppo, sino ad oggi non è mai potuta stare tra le braccia della madre e ricevere quel calore ,materno di cui tutti i neonati hanno bisogno. A prendersi cura di lei, oltre ai familiari di Carla, sono stati i medici della Terapia intensiva prenatale, un reparto che ha “adottato” la piccola Giulia Pia.
I valori d’inquinamento a Taranto superano ogni record
di Ludovica Morico
Una volta, durante un viaggio, ho attraversato la città di Taranto.
Quello che appare agli occhi di chi non la conosce, non conosce la sua storia e non la conosceva diversi anni fa, è una città cupa, nera, con i palazzi che hanno preso sfumature di colore rosso a causa delle sostanze inquinanti presenti nell’aria. E soprattutto la puzza, una puzza che entra nel naso e arriva fino al cervello.
La prima domanda che ti fai è: “Ma come fa questa gente a vivere ancora qui?”. Poi pensi: ma infondo queste persone qui ci sono nate, perché devono andarsene? Perché non se ne va tutto lo schifo anziché andarsene le persone?
In un recente articolo de Il Fatto Quotidiano, emergono dati a dir poco agghiaccianti: il quartiere Tamburi di Taranto, adiacente allo stabilimento del’Ilva, ha registrato un livello di inquinamento al di sopra di ogni valore mai visto prima. Dati, questi, di cui il Governo era a conoscenza, ma che ha preferito non divulgare.
Ancora discariche a Montichiari, la Terra dei Fuochi del Nord
di Angelica Basile
La Terra dei Fuochi continua a far parlare, soprattutto da quando i suoi limiti geografici sono stati ampliati alle aree del Nord Italia. Le ultime notizie arrivano da Montichiari, un piccolo comune in provincia di Brescia, che conta 25 mila abitanti e ben 16 discariche. Una di questa, precisamente la Bernardelli, della frazione di Vighizzolo, addirittura potrà essere ampliata. Tutto questo grazie ad una nuova sentenza del Tar di Milano. Precedentemente la Regione Lombardia si era espressa in direzione completamente opposta, tentando di vietare quella che sembrava una via legale per l’incremento di veleni in una zona già martoriata.
I cittadini, ovviamente, sono sul piede di guerra. Non riescono a spiegarsi come sia possibile che in un’area tanto piccola si possa concentrare un tasso così alto di rifiuti, spesso anche tossici. Si sentono piccoli, troppo piccoli, di fronte al potere dei grandi che gestiscono faccende scottanti come quelle delle discariche italiane.
Vincenzo Amendola: Morire per una donna, a soli 18 anni
di Sara Di Paolo
Morire a 18 anni. Essere giustiziato, per essersi vantato di essere l’amante della moglie di un boss. A Napoli succede anche questo. A Napoli, la “bravata” di un ragazzino non resta tale.
Vincenzo Amendola era scomparso dalla sua abitazione di San Giovanni Teduccio, lo scorso 5 febbraio. L’hanno ritrovato cadavere 2 settimane dopo, seppellito in un terreno agricolo.
Aveva calcato troppo la mano, doveva pagare, essere umiliato per aver fatto altrettanto con chi proprio non doveva. Come si può disonorare in questo modo i “piani alti”?
Tre sicari. Intenzioni spietate, brutali. Gli assassini volevano essere sicuri che nessuno trovasse il corpo del giovane e così avevano iniziato a costruire un box per maiali, proprio sopra il luogo dell'omicidio. Ma non solo.
Cosa accade in Europa?
di Salvatore Calleri
(Fondazione Caponnetto)
Europa. Mai come in questo periodo si è discusso così tanto di Europa e di Unione Europea. Mai l'Unione Europea è apparsa così in crisi. Io sono sempre stato un europeista convinto e tutto sommato lo rimango anche ora. L'ho scritto più volte e lo ribadisco. Alla nascita dell'Unione Europea si deve la pace. Detto ciò però dobbiamo dire anche quali limiti ci sono oggi e soprattutto quali errori sono stati fatti. Ovviamente non possiedo la verità ma riflettere non fa mai male.
La mia generazione ha vissuto a cavallo del muro di Berlino, nel bene e nel male. Nel blocco ovest si viveva bene. Abbiamo gioito per la libertà ed abbiamo accolto i fratelli dell'est a braccia aperte negli anni successivi. A volte in modo sarcastico ed ironico... Basti pensare alla vera e propria invasione di lavavetri polacchi a cui noi tutti cittadini europei abbiamo comunque sempre voluto bene, ma su cui non mancavano numerose battute. Io all'est ci sono andato nel 1988. Ungheria e Cecoslovacchia. Paesi in difficoltà ma meravigliosi. Abbiamo accolto in UE i paesi ed i loro cittadini. Di tutto l'est.
Ustica, ovvero la strage degli innocenti
di Massimo Salvo
Trentasei anni dopo la tragedia aerea spunta un inquietante reportage
Si scrive strage di Ustica, si legge strage di Stato. E’ questo quanto emergerebbe dal reportage che un giornalista francese, Emmanuel Ostian, ha condotto la scorsa estate e che è andato in onda qualche settimana fa, trasmesso anche da Canal Plus. In sintesi la teoria preminente è che quel 27 giugno 1980 fu un missile transalpino a centrare in pieno il Dc-9, l’aereo italiano sul quale viaggiavano 81 persone tra passeggeri ed equipaggio.
Il reportage di Ostian sembra dar credito alla versione che già circolava nelle ore immediatamente successive al disastro: il fatto, cioè, che quella sera, nei pressi del Dc-9, c’era anche un altro velivolo con a bordo nientemeno che Gheddafi. Entro quest’ottica, dunque, il bombardamento rientrerebbe nell’intento francese di far fuori il leader libico, dopo il cui fallimento, però, sarebbe stato necessario imporre il silenzio in coloro i quali avevano assistito all’azione, anche a costo di eliminarli.
Antonio Salzano, vittima della camorra
di Simone Cerulli
Quello del Maresciallo Antonio Salzano, è uno strano omicidio. Siamo nel 1982, a San Giorgio Cremano, ed è in pieno atto la guerra tra la Nuova Famiglia e la Nuova Camorra Organizzata. Già negli anni precedenti l’escalation di guerriglia e ammazzamenti aveva mietuto numerose vittime, ma quello andava profilandosi come un anno particolarmente cruento. Siamo a febbraio, e in meno di due mesi i morti ammontavano a cinquantanove, più di uno al giorno. Quella stessa mattina, Salzano si trovava nel Palazzo di Giustizia quando, in una delle camere di sicurezza, il boss Antonio Giaccio viene ucciso a colpi di pistola da un detenuto, Michele Montagna, e il capo del clan di Forcella Gennaro Liccardi viene ferito. Pare che non fosse difficile comprare armi dal carcere, ed è accertato che Cutolo avesse amicizie nel Ministero degli Interni, cosa che gli permetteva di trasferire i detenuti a suo piacimento per organizzarne meglio gli omicidi.
Un profugo di nome Enea
di Daniela Baroncini
Sono più di sette milioni gli studenti italiani. Prima o poi tutti avranno a che fare con l'Eneide. I liceali di diciotto anni la leggono in questi giorni. Riconosco i primi due versi che mia figlia studia. Sono i versi che prima leggeva mia madre, quelli che poi ho letto io: un'eredità di parole lega le generazioni.
"Canto l'eroe che profugo da Troia venne in Italia...
...sballottato per terra e per mare...
...molto soffrí."
La parola "profugo" é nell'attacco dell'Eneide da 2000 anni. Sta lì, netta e precisa. "Profugus", in latino. Il tempo e le traduzioni non l'hanno potuta cambiare.
Prima che si compia l’anno zero Virgilio ha bisogno di un personaggio straordinario per rielaborare il mito delle origini romane, per celebrare una nuova ideologia politica assolutista e l'esplosione di una potenza dai confini extraeuropei, col Mediterraneo finalmente in pace, un grande lago privato e sicuro. Gli serve un eroe che spieghi come pochi pastori laziali abbiano potuto realizzare lo splendore di un impero con 55 milioni di abitanti, un prodotto interno lordo di 20 miliardi di sesterzi, la grandezza di Roma.
Suffragette: la loro voce parla sempre al presente
di Riccardo Tavani
A volte il passato torna a ripresentarsi, solo che non ce ne accorgiamo. Il cinema è quella forma di eterno presente avvolto dentro le spire di un racconto, di un pensiero per immagini che ci mette davanti agli occhi questo riaffiorare del passato nella corrente che inesorabilmente trascina verso il futuro. Solo che il cinema più che al tempo che scorre bada al senso che rimane invariato, anche se sotto apparenze, vesti, e immagini diverse. È mirabilmente il caso di Suffragette. Nel film non solo si ricostruisce una pagina fondamentale nella configurazione politica, sociale e culturale dell’Europa di oggi, ma si restituisce nei suoi tratti meno edulcorati, più drammatici e violenti.
La rivendicazione per il diritto al voto, al suffragio femminile nasce con la Rivoluzione Francese, l’atto storico di fondazione della contemporaneità democratica nell’intera civiltà occidentale e nel mondo, a cavallo tra la fine del 1700 e l’inizio del 1800.
Muri e filo spinato sono barbarie
di Claudio Caldarelli
Migliaia di persone, un esodo senza fine, attraversa il mondo affrontando ogni tipo di pericolo. Aggressioni armate, banditismo, stupro, e ancora, traversare il mare senza barche, su zattere di fortuna o qualsiasi cosa si regga a galla ma che dopo poco affonda o si rovescia. Filo spinato e muri, innalzati dai paesi membri dell’Unione Europea, costruiti apposta per fermarli. Treni fermi alle frontiere, marce di giorni e giorni, sotto la pioggia e il freddo, con i bambini in braccio e poche cose. Mancano del tutto luoghi di sosta e di accoglienza. Muoiono di fame e di freddo, i bambini.
Un corteo senza fine di intere famiglie con bambini, fuggono dalla guerra senza che una guerra sia stata dichiarata. Fuggono dagli inferni del mondo, fuggono e camminano, fuggono e muoiono, fuggono senza meta. Ad attenderli la disumanità degli Stati europei che non li accoglie, li caccia indietro, li lascia morire di stenti. Torna l’Europa dei muri e delle vergogne.
Perfetti sconosciuti o perfettibili ma umanamente migliori...
di Milene Mucci
(Dol’s Magazine)
Mi incuriosiva andare a vedere “Perfetti sconosciuti”,film principe al box office di questi giorni .
Ho amato, del resto, la freschezza di "Tutta colpa di Freud “di Paolo Genovese e il cast di
” Perfetti sconosciuti “,in fondo,aveva oltre lui come regista quasi tutti gli attori italiani che amo .
Eppure,nonostante qualche genuina risata, la sensazione a titoli di coda che scorrono e’ stata per me estremamente deludente e decisamente molto amara.
Insomma,la trama ormai la conoscete tutti.
Cellulari a vista su una tavola di una cena fra amici e tutto quello che accade condiviso fino all’ultimo “wazzap” .
Chiunque credo si sia potuto riconoscere in molte delle situazioni.
Tradimenti,bugie,scorrettezze e falsità quotidiane.
Qualcuno che si mostra da sempre come non e’ anche agli amici d’infanzia e tutto quello che apparentemente scorre serenamente ha,invece, poi altra dimensione nel chiuso del proprio privato.
Qualche battuta che fa sorridere ma,in sala,si tagliava col coltello la sensazione di molti lì seduti di vedersi " allo specchio".
Nel 1921, l’uccisione di Pietro Ponzo
di Mario Guido Faloci
Per non dimenticare nessuno
Se “mafia” è una parola che inizia a comparire in documenti ufficiali del neo Regno d’Italia di fine ‘800, scritta con due effe, essa è anche un male che esiste da tanto, nella società italiana. Che sia quella siciliana, quella napoletana, quella calabrese, quella pugliese, questa rappresenta lo strumento principe con cui il potere soggioga gli ultimi, affinché questi non alzino la testa, non pretendano nemmeno “il giusto”, non si sottraggano alle imposizioni, dei parassiti della società.
Ma la mafia dell’alta finanza, quella degli appalti, quella degli armamenti, della droga e della tecnologia, come la conosciamo oggi, è solo l’evoluzione naturale di quella che fu un tempo. Parlando delle sue origini, si è soliti riferirsi alla cosiddetta “mafia del feudo”.
In una società rurale, come quella siciliana post-unificazione, la mafia nacque per il bisogno di mantenere l’ordine costituito, per le necessità dei baroni e della nuova classe emergente dei burgisi.
L’uccisione dei Giammona
di Patrizia Vindigni
La bestia a volte dorme per lunghi periodi. Non è in agguato, attende solo di risvegliarsi, per agire, per cacciare, per realizzare con barbarie i propri piani, a volte per tutelare se stessa nei propri figli. All’origine dell’omicidio di Giuseppe e Giovanna Giammona, fratello e sorella, pare vi sia stato un inutile, non necessario, tentativo di difendere i figli del boss Totò Riina da un rapimento.
I Riina pare avessero avuto notizia che dei rivali, facenti parte delle cosche perdenti sul territorio, stessero preparando un piano contro di loro e che, in questo piano, fossero coinvolti i membri della famiglia Giammona. Questa ipotesi aveva portato alla decisione di eliminare i presunti responsabili di un’eventuale futura azione contro la famiglia di uno dei boss di Corleone. Dalle successive testimonianze di pentiti di Cosa Nostra, tra cui Giovanni Brusca, si è poi saputo che non solo non vi era la certezza dell’esistenza di questo piano, ma anche che i Giammona erano del tutto estranei alla parte mafiosa di Corleone.
L’esito triste di una battaglia di civiltà
L’eretico
Quando capiremo che non siamo più vivi, se la prepotenza di pochi rallenta il cammino per i diritti di tutte le donne e di tutti gli uomini della terra?
Sembra, dice l’eretico, che il Senato della Repubblica Italiana, moribondo anzi suicida nelle sue prerogative costituzionali (artt. 57 e 58 della Costituzione) abbia preso atto con le votazioni sulle unioni civili che in Italia esistono tre persone che hanno il diritto di decidere per tutti.
Il primo, commenta l’eretico, è Angelino Alfano (sì, l’ex delfino di Arcore, quello che ha usato in questi giorni, senza vergogna, l’espressione “contro natura”) che proclama, e ne esulta, di avere portato a casa con un governo (?)-di centrosinistra-(?) tutti i punti qualificanti del programma elettorale di destra dell’ex Pdl del suo precedente padrone. In questo caso, ottenendo la cancellazione della parte sui diritti di adozione e sul dovere di fedeltà all’interno dell’unione.
L’amore è civile
di Luca De Risi
Quanto tempo è stato necessario? Da quando è in vigore la Costituzione della Repubblica Italiana, sessantotto anni. L’approvazione della nuova Legge sulla Unioni Civili al Senato, ci offre l’occasione di andarci a rileggere gli articoli 2 e 3 della nostra Carta Costituzionale. Si scopre, allora, il ‘ritardo’ con cui si è tentato di dare piena attuazione a quella ‘solidarietà’ e a quella ‘pari uguaglianza’ così chiaramente stabilite dai nostri padri costituenti, sin dal 1948. Ecco cosa recitano i due articoli:
Articolo 2: “La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale.”
Articolo 3: “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.”
Trent’anni dopo, in ricordo di Giuseppe Macheda
di Giusy Patera
Giuseppe Macheda, negli anni Ottanta, non ha ancora trent’anni, ed è vigile urbano a Reggio Calabria. È una città difficile Reggio, in una terra dilaniata dalla ‘ndrangheta e che proprio in quegli anni vede scoppiare la seconda ondata di guerra fra le cosche mafiose. Il compito di Giuseppe è quello di tentare di tutelare la sua città: egli fa infatti parte della squadra per la repressione dell’abusivismo edilizio. Le ispezioni vengono fatte in tutta la città, e a Macheda è toccata la zona sud di Reggio, in cui il vigile si trova a denunciare circa cinquanta persone tra imprenditori e proprietari di edifici costruiti senza permesso.
Rossella Casini: morta di mafia per amore
di Martina Annibaldi
Ricorre il 21 Marzo la XXI Giornata delle memoria e dell’impegno in ricordo di tutte le vittime innocenti di mafia organizzata da Libera. Associazioni, nomi e numeri contro le mafie. Quello di Rossella Casini sarà uno tra i tanti, troppi, nomi che risuoneranno in Piazza Duomo a Messina, città scelta per ospitare l’evento.
Rossella aveva 25 anni quando è stata uccisa dalla ‘ndrangheta. Era il 22 Febbraio 1981. Fiorentina, studentessa di psicologia, una famiglia normale, Rossella appartiene ad un mondo che con la ‘ndrangheta ha davvero poco a che fare. Se non fosse stato per quel suo grande amore. Francesco studia economia, abita nella stessa palazzina di Rossella, nel 1978 si conoscono e, poco dopo, si fidanzano. Il cognome di Francesco sarà la condanna a morte di Rossella. Frisina.
Nomina sunt consequientia rerum
di Enea Morrone
Ciao Umberto. Te ne sei andato in silenzio, mentre mettevi mano al “si stampi” del tuo ultimo libro. La cerimonia funebre invece è stata musicale e solenne, laica come volevi, perché dai tuoi 20 anni non eri più cattolico, sarà stata colpa di San Tommaso, sarà stata colpa del tuo nome. Un nome che significa “splendido gigante”; anche il tuo cognome non era per caso: la tua dipartita ha suscitato una grande eco nel mondo, perché i nomi sono, quasi sempre, la conseguenza delle cose. Perché Umberto Eco lascerà, sicuramente per sempre, un ricordo di un intellettuale completo, integrato, importante ma mai ingombrante. Perché i tuoi libri - quanti ne ho letti! - non sono mai stati banali.
La Reggia di Carditello, un patrimonio che non andrà perso
di Ludovica Morico
La Reggia di Carditello è una tenuta reale in provincia di Caserta, risalente alla metà del Settecento, l’epoca Borbonica. Un tempo utilizzata come tenuta di caccia e azienda agricola specializzata nell’allevamento di prestigiose razze equine, in giorni più vicini a noi il suo destino è stato sicuramente meno felice di un tempo.
Nel Novecento, dopo essere stata venduta al Consorzio di Bonifica del Basso Volturno, ha subito un progressivo abbandono e ripetute espoliazioni, che hanno favorito un incessante degrado.
Nel 2014 l’allora ministro dei Beni Culturali Massimo Bray ha impiegato le sue forze affinché la Reggia venisse riacquistata dallo Stato Italiano, per poi avviare un progetto di restauro e valorizzazione della stessa.
Omicidio Agostino. Il padre riconosce “Faccia da mostro”
di Martina Annibaldi
“È lui, faccia da mostro è lui”. Non ha dubbi Vincenzo Agostino. A distanza di ventisette anni dall’omicidio del figlio Nino e della nuora Ida Castelluccio – all’epoca al quinto mese di gravidanza - il 26 Febbraio nell’aula bunker dell’Ucciardone, a Palermo, può finalmente rivedere in faccia quell’uomo che tra l’otto ed il dieci Luglio del 1989 si presentò alla porta di casa sua cercando suo figlio. Quell’uomo è Giovanni Aiello, ex poliziotto della Squadra mobile di Palermo ed agente dei servizi segreti. Di lui hanno parlato diversi pentiti, indicandolo come uno dei personaggi chiave in molti dei più illustri omicidi commessi dalla mafia in terra siciliana tra gli anni Ottanta e Novanta. A tirarlo in ballo nelle indagini sul caso Agostino è il pentito Vito Lo Forte, che racconta di come Aiello avrebbe aiutato Antonino Madonia e Gaetano Scotto (indicati come gli esecutori dell’omicidio) a fuggire a bordo di un’auto appena dopo il crimine e ad incendiare successivamente la motocicletta utilizzata per lo stesso.
Diserbante glifosato
di Roberto Colasuonno
Chiamami Peroni sarò la tua birra …
Cosi faceva un ritornello nei lontani anni settanta mostrandoci una bellissima modella Solvi Stubing, birra prodotta come diceva il fondatore, con 4 ingredienti: Acqua, malto, granturco e luppolo.
Un boccale di birra non fà mai male?
Oggi questa domanda aspetta una valida risposta perché a quanto pare l’immagine e la purezza della bionda che sgorga dalla bottiglia spumeggiante e prodotta con ingredienti naturali è stata oscurata da una nota alquanto negativa. Sembra che per una dozzina di case che la producono dopo alcuni controlli all’interno del prodotto sia stato riscontrato un concentrato di “diserbante glifosato”. Questo elemento seppur noto come erbicida con bassa tossicità per l’uomo (ecco il perché del suo utilizzo) è pur sempre un erbicida, e in alcune marche di birra ne è stato rinvenuto quasi 300 volte superiori a 0,1 microgrammi, che è il minimo consentito dalla legge per le acque potabili.
Ephraim ha ripreso a vivere
di Patrizia Vindigni
Progetto Tanzania
La vita di un bambino, quando si ammala, diventa un bene prezioso da salvaguardare. Una spina nel cuore per chiunque ne incroci lo sguardo, perché gli occhi sembrano più grandi, parlano di un futuro aspettato, di esperienze non vissute. Gli occhi di un bambino che soffre bucano l’anima, quelli di un bambino che si lascia morire, se non si prova a fare qualcosa, si conficcano nella mente. Si sente che occorre provare a fare con tutte le proprie forze.
Ephraim ha incontrato Padre Salvatore quando era un piccino. Il luogo è la Tanzania, in un villaggio. Ephraim aveva circa otto, nove anni. Magro, minuto, dimostrava meno degli anni già vissuti. Stava male, molto male. Padre Salvatore si rese subito conto che il bambino si stava lasciando morire, come accade quando si perde l’interesse a lottare, quando si pensa di essere un peso, quando si avverte un senso di inutilità della propria esistenza. A volte questo accade alle persone estremamente anziane, ma nelle giovani vite non ci si aspetterebbe un senso dell’esistenza legato alla propria utilità nella collettività di cui si fa parte.
L’AMORE CHE NON OSA PRONUCIARE IL SUO NOME
ASSOCIAZIONE STAMPA ROMANA
inNatura vuole raccontare una storia. Niente d’inedito, è una storia narrata mille volte: quella della relazione tra noi, gli umani, e il nostro ambiente.
Le mille voci che l’hanno raccontata ci hanno collocati, in tempi e modi diversi, sopra, sotto o “in mezzo” alla Natura e sempre misura di ogni cosa. Diversamente, il nostro punto di vista ci pone in un rapporto dove organismi e ambiente non sono entità separate ma parte integrante di una stessa trama.
Una storia che passa attraverso quelle esperienze sensibili e concrete che ci portano a immergerci nell’ambiente. Non solo per godere della bellezza, apprendere strategie di vita più naturali o trovare un nuovo benessere ma per costruire una relazione.
Se teniamo a questo rapporto non possiamo disinteressarci dello stato delle cose. Se ci teniamo, possiamo tentare di cambiare i nostri comportamenti.
Ognuno di noi ha un ruolo da svolgere: interrogarsi sui propri modelli di consumo, per esempio. Insieme possiamo individuare i percorsi più adatti per mettere la qualità delle relazioni umane e il rispetto dell’ambiente al centro dei metodi di produzione, di scambio e di consumo. Perché quella che stiamo raccontando non è una storia chiusa, anzi. Tutti contribuiamo a scriverla e nessun finale è scontato.
COMUNICATO STAMPA
“Beni confiscati senza tabù: la nuova legge deve partire bene”. Conferenza 3 marzo 2016
ore 15 Piazza Adriana, 3 Roma (sede A.N.M.I.G.)
Firenze 29.02.2016.- Il ddl n. 2134 sui beni confiscati, approvato in prima lettura alla Camera, va discusso al più presto a Palazzo Madama, in modo da arrivare ad una rapida approvazione.
Il fenomeno dei sequestri e delle confische è purtroppo in crescita esponenziale ed è quindi assolutamente urgente rivedere la normativa vigente per adeguarne gli strumenti in modo da rendere concreto ed esigibile lo spirito della legge 109/96, che aveva raccolto gli indirizzi della Legge Rognoni-La Torre sulle confische e sul riutilizzo a fini sociali dei beni sottratti alle mafie.
“Beni confiscati senza tabù. Un titolo impegnativo ma è necessario fare il punto sul tema importante dei beni confiscati mentre è in corso una nuova legge di riforma. La nuova legge deve partire bene . Non si deve, questa volta, perdere l'occasione”: così Salvatore Calleri presidente della Fondazione Antonino Caponnetto presenta l'iniziativa in programma il 3 marzo 2016, alle ore 15, a Roma presso la sede ANMIG in Piazza Adriana 3. [locandina allegata]
Ne discuteranno, dopo l'introduzione di Salvatore Callleri, l'on. Rosi Bindi, i senatori Luigi Gaetti, Mario Giarrusso, Giuseppe Lumia e Franco Mirabelli. Con Loro anche Luciano Silvestri responsabile legalità della Cgil Nazionale. Le conclusioni sono affidate a Catello Maresca della DDA di Napoli
De Falco e Sottile, vittime sacrificali
di Simone Cerulli
La storia di due finanzieri vittime dei contrabbandieri
Acqua Chiara, pochi chilometri a nord di Brindisi. Sono più o meno le undici di sera di sedici anni fa, quando dei piccoli scafi attraccano e cominciano a scaricare la merce. Ad attenderli ci sono degli strani automezzi: semplici fuoristrada, dai quali però spuntano inconsuete protuberanze metalliche, che li fanno assomigliare a piccoli carri armati. Almeno uno di questi è sicuramente un Range Rover, al quale un ingegnoso meccanico ha agganciato quella che ricorda la parte anteriore di un treno a vapore. Dalle imbarcazioni si comincia a scaricare, mentre chi aspettava da terra contemporaneamente riempie le macchine. Una volta finito, tutti si allontanano. A fari spenti, al buio, i convogli si avviano furtivamente verso l’entroterra, in direzione dei bunker. Nel frattempo, però, una squadra della Guardia di Finanza si muove per intercettarli: si tratta infatti di contrabbandieri, e i fuoristrada sono carichi di sigarette. Una delle piccole Fiat Punto corre verso la Statale 379, alle porte della città, e al chilometro 46 incrocia proprio la Range Rover.
Giovanni Marchese, ucciso per il rispetto dei diritti dei lavoratori
di Mario Guido Faloci
Cinquantaquattro anni fa, l’assassinio del sindacalista d’Alcamo
Il 18 febbraio del 1962, come altre volte, dopo una giornata di lavoro e prima di dedicarsi alla sua attività sindacale, Giovanni si era recato al panificio di famiglia della moglie. Un po’ per dare una mano e un po’ per impratichirsi di quel tipo di lavoro, quando poteva vi si recava, poiché sapeva che nella sua attività sindacale, aveva “dato fastidio” e s’aspettava d’essere licenziato.
In quegli anni e in quelle zone, prima dello statuto dei lavoratori, non era insolito essere licenziati senza un chiaro motivo. Proprio per questo, Giovanni Marchese, temeva la stessa sorte di quei lavoratori che, da attivissimo sindacalista CGIL, cercava di tutelare.
Pensava che avrebbe perso il suo lavoro di bigliettaio, presso la compagnia di trasporti Segesta, non immaginava che avrebbe perso la vita.
Le indagini, come accadeva spesso allora, non portarono a nulla, poiché furono condotte in modo approssimativo, quasi rinunciatario, perché proprio l’onestà della persona e la sua normalità, nonché la diffusa omertà dei suoi concittadini, non davano molti indizi, da cui iniziarle.
FOTONOTIZIA
Carlo Gherardini
EIDOMENI è in Grecia ed è la località campestre dove si stanno ammassando molte centinaia di "fortunati" che sono sopravvissuti al tratto di mare verso la Turchia, hai vari blocchi e registrazioni e infine alla polizia greca che poi li ha fatti arrivare al filo spinato che chiude la Macedonia.
Nonostante la presenza di autorità e organizzazioni umanitarie la situazione è critica. Dove andranno questi siriani e iracheni ?
Tutti i giorni ma anche di ora in ora cambiano le decisioni delle varie autorità da qui all'Austria.
Questo potrebbe essere il campo di una Waterloo di tutta l'unione europea.
Il Maestro e “Margherita”
di Maurizio Chiararia
“Guai alla penna senza fucile, guai al fucile senza penna”.
scritta sui muri di Trento, maggio 1968
“Il nome della rosa”, il primo e più famoso romanzo di Umberto Eco, che gli ha dato una grande notorietà internazionale, da cui è stato tratto un film di successo, contiene un particolare che a molti è sfuggito. E’ l’analogia che l’autore evidenzia tra due personaggi femminili distanti fra loro di secoli, al cui secondo Eco tende implicitamente a rendere omaggio con questa precisazione in un’intervista recente...
“Adesso”, il ritorno nelle librerie di Chiara Gamberale
di Giusy Patera
La scrittrice romana Chiara Gamberale torna nelle librerie due anni dopo il successo di Avrò cura di te, il libro scritto a quattro mani con Massimo Gramellini, con un romanzo il cui titolo, Adesso, è la risposta alle tante domande che i protagonisti si pongono e che il lettore si trova a condividere. La storia di Lidia, presentatrice televisiva che riesce ad avere una famiglia solo se si tratta degli altri, e di Pietro, introverso preside di scuola che fugge al passato per non affrontare il presente, è infatti solo un pretesto per raccontare lo sconvolgimento e il turbinio di domande di chi inciampa nell’amore, che sia per caso o per “accanimento sentimentale”.